Ogni anno lo Stato stanzia circa 194 miliardi di euro per il welfare pubblico per un totale di 250 tra bonus e incentivi disponibili in Italia e liberamente richiedibili da chi ne ha diritto. Contributi di vario genere e tipo che non vengono utilizzati nel 40% dei casi per una cifra che si aggira intorno ai 70 miliardi di euro: un vero e proprio “tesoretto” che resta nelle disponibilità dei datori di lavoro, dei manager e degli HR che si mettono nelle condizioni di cambiare il loro approccio per accedere al welfare pubblico non riscosso.
Quando il welfare aziendale integra l’offerta pubblica
Non si tratta di una gara contro il tempo, bensì, di un percorso che passa attraverso un cambio di paradigma e la scelta degli strumenti più appropriati per raggiungere l’obiettivo.
Prima di tutto occorre riflettere sulla finalità del welfare aziendale, ovvero quella di integrare le prestazioni già offerte dal pubblico e non sostituirle. Perciò è necessario che il dipendente acceda ai servizi del piano di welfare e alle relative risorse a valle dei bonus già messi in campo dallo Stato.
Si tratta di un processo che, certamente, consente al datore di lavoro di scaricare una parte dell’onere ma soprattutto di massimizzare l’effetto del welfare aziendale sul potere di spesa del dipendente.
Facilita l’accesso al welfare pubblico
Torniamo per un attimo al welfare pubblico non riscosso e destinato ad assistenza sanitaria, sussidi di disoccupazione, pensioni, assistenza sociale, istruzione pubblica e molto altro ancora.
Come è possibile che una quota tanto consistente dei fondi stanziati non venga utilizzata?
Le ragioni sono principalmente tre:
- la mancanza di conoscenza dei bonus da parte dei dipendenti;
- la complessità del processo necessario all’accesso (documentazione, interazione con gli uffici, raccolta dati, ecc);
- l’elevato costo delle pratiche da esibire.
Tre ostacoli facilmente superabili semplicemente rinnovando il proprio approccio con il sistema di erogazione del welfare e con i giusti strumenti. Senza dimenticare che il primo obiettivo dovrà essere quello di dare la possibilità ai dipendenti di conoscere nel dettaglio quali bonus in ambito di welfare pubblico potranno richiedere ancor prima di accedere alla loro quota di welfare aziendale.
Raddoppia il budget dei tuoi dipendenti: un caso di studio
Un piccolo sforzo, basta quello almeno in questo caso, per ottenere un significativo risultato in termini di aumento del potere di acquisto del dipendente e, quindi, di efficacia dell’impegno del datore di lavoro nel miglioramento della propria offerta volontaria di welfare.
Lo dimostra, ad esempio, il caso di studio sul bonus asilo che Welfarebit ha sviluppato nel webinar “Bonus Statali e Welfare Aziendale: un binomio vincente”.
Nel caso descritto dal nostro esperto Dott. Roberto Vinciarelli (collaboratore de Il Sole 24 Ore) un dipendente con ISEE compreso tra 25.000 e 40.000 euro ha diritto a un bonus statale di 2.500 annui per l’asilo nido del figlio di tre anni, con una retta di 3.600 euro per 12 mesi.
Oltre a questo primo bonus, può accedere ad un rimborso di 200 euro che può essere previsto dall’ente bilaterale dello specifico settore merceologico di riferimento; inoltre, ha diritto a una detrazione del 19% (su un tetto massimo di 632 euro). Solo dopo aver fruito di tutto quanto dovuto o di diritto da terzi, il dipendente accede al proprio credito welfare aziendale, che ammonta a 3.000 euro per un totale di 268 euro.
Calcolatrice alla mano, il dipendente in questione potrà utilizzare ben 2.732 euro in altri importanti asset di spesa per la propria famiglia come l’affitto, ma anche la palestra o i viaggi. Con un approccio evoluto alle strategie di welfare, il dipendente arriva a raddoppiare il proprio budget netto. Una “rivoluzione” che ha bisogno della spinta e dell’accompagnamento della propria azienda che, in cambio, non solo scaricherà parte degli oneri su terzi, ma migliorerà i propri target in termini di ritenzione e attrazione delle competenze, conciliazione vita lavoro, obiettivi ESG Social, parità di genere e sostegno alla genitorialità.
L’importanza degli strumenti digitali: all’avanguardia e user friendly
Tra i principali motivi per cui i lavoratori non fanno richiesta dei molteplici bonus a loro disposizione ci sono la carenza di informazioni o conoscenze, la complessità dell’accesso, e in alcuni casi anche lo “stigma sociale” rispetto alla necessità di richiedere un sussidio. Allora spetta al datore di lavoro, al manager o alle HR guidare la trasformazione.
A chi, in una posizione di leadership, ha scelto la strada del welfare aziendale, con la consapevolezza dei molteplici benefici che comporta, non resta che facilitare l’accesso ai bonus e agli incentivi del welfare pubblico, ma come?
Ancora una volta sono gli strumenti che mettiamo a disposizione dei dipendenti a fare la differenza.
Welfare pubblico non riscosso con Welfarebit
Welfarebit presenta sul proprio portale l’Area Bonus Pubblici, che consente di scoprire con semplicità le agevolazioni e i servizi disponibili per i dipendenti e per le loro famiglie.
Si tratta di un portale collaterale alla piattaforma Welfarebit che ha già erogato 54 milioni di euro in bonus su circa 500.000 utenti iscritti. L’obiettivo del servizio è quello di offrire un’interfaccia semplice e un percorso guidato che consente, attraverso l’inserimento dei propri dati, di individuare e accedere direttamente a tutti i bonus pubblici disponibili per il proprio profilo sulla base delle norme e le prassi in corso.
Un elenco, in costante aggiornamento, da cui avviare direttamente le pratiche per l’attivazione senza la necessità di interfacciarsi fisicamente con uffici e pubblica amministrazione ma con il supporto di professionisti qualificati per la gestione delle pratiche, in modo del tutto telematico.
Insomma, basterebbe un click per accedere a quel tesoretto di incentivi, agevolazioni fiscali e opportunità di formazione rappresentato dal welfare pubblico non riscosso.
Bonus per asilo, psicologo, figli disabili, ma anche richiesta di servizi come assegno unico, attestazione ISEE o fondi di assistenza sanitaria a cui i dipendenti possono accedere più facilmente grazie all’interessamento delle proprie aziende. Un’azione di tramite e facilitazione che potrebbe aumentare, oltre al sostegno al reddito dei collaboratori, il clima aziendale e l’employer branding interno ed esterno.