Il benessere di dipendenti e collaboratori interni di un’azienda è un fattore determinante per il successo nel business. L’aspettativa di ogni imprenditore è quella di avere risorse umane consapevoli del proprio ruolo, partecipi alla sforzo dell’azienda, motivate nell’apportare il proprio contributo quotidiano, etiche nel rispetto delle norme, dei colleghi e dell’azienda.
È quindi importante usare ogni leva a disposizione per stimolare i comportamenti positivi perché la loro diffusione ed inclusione nella quotidianità porterà ad avere supporti continui ed eccellenze. Il Welfare Aziendale è uno di questi strumenti, anzi, è lo strumento sul quale i governi italiani dell’ultimo lustro hanno più investito.
Sì, perché il welfare aziendale favorisce le interazioni tra i dipendenti migliorando il clima nel posto di lavoro e si traduce in opportunità per aumentare il potere di acquisto, inoltre costituisce un beneficio per l’azienda stessa grazie agli sgravi fiscali; ma soprattutto il welfare è un fattore motivazionale dirompente che spinge i lavoratori verso un atteggiamento positivo nei confronti di quell’azienda che, oltre al lavoro allo stipendio, provvede anche al supporto della vita privata e della famiglia dei suoi dipendenti.
Nel 2017 sono state condotte molte analisi da parte di Associazioni Datoriali, sindacati ed agenzie private di indagine. Da una sintesi – seppur sommaria – delle risposte dei lavoratori, si nota che i valori più elevati sono stati attribuiti alle voci “Migliorare il clima aziendale” (che ha ottenuto un punteggio di 8/10) e “Sviluppare il senso di appartenenza” (punteggio di 8/10). Poco al di sotto si trovano “Fidelizzare i lavoratori più qualificati e ridurre il turn-over” (7/10), “È una tradizione di lunga durata nella nostra impresa” (6/10), “Usufruire dei vantaggi dati dalla normativa fiscale e contenere il costo del lavoro” (5/10). Punteggi molto bassi sono stati riservati invece alle voci “Parere positivo dei rappresentanti sindacali” (3) e “Per rispondere alle richieste provenienti dalle associazioni datoriali” (3).
Da questa rilevazione emergono due aspetti interessanti. In primo luogo, come si può notare, i punteggi più elevati riguardano dinamiche (come “clima aziendale” e “senso di appartenenza”) correlate alla nuova idea che le Aziende possano fattivamente incidere sulla qualità della vita dei loro lavoratori .
Passando ad analizzare invece le risposte circa l’impatto che l’introduzione del welfare aziendale ha prodotto all’interno dell’azienda, è interessante notare che l’effetto più segnalato dagli intervistati riguarda il “Miglioramento nelle relazioni con i dipendenti e nel clima aziendale” (8); seguito da “Miglioramento nell’organizzazione del lavoro” (7) e “Sostegno all’occupazione femminile e incentivo per la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro” e la “Riduzione dell’assenteismo e del turn-over” (7).
In base a quanto emerso nel corso delle ricerche, quindi, gli strumenti e le iniziative di welfare aziendale sembrano produrre risultati positivi non solo sotto il profilo del rapporto fiduciario tra impresa e lavoratore, ma anche in merito all’organizzazione del lavoro e alla gestione del personale.
Infine, dall’indagine risulta come il welfare aziendale sia considerato dagli intervistati come un fattore importante per il miglioramento del clima aziendale e delle condizioni lavorative, mentre il potenziale contenimento dei costi, seppur presente nello strumento, sia scarsamente preso in considerazione dai lavoratori. Da questo si evince che i servizi e le prestazioni di welfare destinate ai dipendenti sono viste primariamente come uno strumento volto a creare una condizione lavorativa positiva e sinergica, e in minima parte vengano considerate una forma di contenimento dei costi del lavoro.
Angelo Grippaldi