Sempre più aziende, ad oggi, decidono di attingere alle varie fonti di attivazione del welfare aziendale, riconoscendovi una soluzione estremamente vantaggiosa per l’erogazione di beni, servizi e rimborsi (ove consentito, come nel caso degli asilo nido) ai propri dipendenti.
Il welfare permette, infatti, un significativo risparmio sul costo del personale dovuto all’assenza di oneri sociali (contributi a carico del datore di lavoro) sui flexible benefits (art. 51 comma 2 TUIR), a differenza della normale retribuzione. L’attuazione di un piano di welfare aziendale riduce inoltre il turnover e l’assenteismo, incrementa la capacità di attrarre talenti e – effetto non trascurabile – migliora l’immagine aziendale.
Questo insieme di fattori, nel tempo, si è tradotto in un importante incremento del numero di realtà che hanno scelto di applicare almeno una misura di welfare aggiuntiva a quelle previste dai CCNL.
Non perdere il treno del welfare aziendale!
Siamo di fronte a un trend in crescita, confermato dal fatto che i contratti integrativi e i regolamenti aziendali introducono servizi di welfare aziendale nel 41,9% dei casi e prevedono premi di risultato nel 48,2%. Si riscontra perciò una crescente proattività delle aziende, con un particolare riguardo ad ambiti come il sostegno economico dei collaboratori, la loro formazione, l’accrescimento culturale, il tempo libero e il benessere psicofisico. Non manca, inoltre, interesse nei confronti di comparti cruciali come quelli del welfare nobile rivolto alla previdenza complementare.
Insomma, il welfare aziendale oggi, oltre ad essere un tema centrale della negoziazione, rappresenta un treno in corsa dalle potenzialità evidenti che le aziende, siano esse piccole e medie imprese o multinazionali, non vogliono perdere.
Le fonti di attivazione del welfare aziendale: come scegliere la più adatta
Se balza all’occhio il ventaglio di opportunità legate al welfare, occorre anche riflettere con grande attenzione sulle fonti di attivazione del welfare aziendale: la scelta può ricadere su molteplici modalità.
A livello concettuale esistono due modalità di gestione del welfare: il welfare puro e il welfare da conversione del Premio di Risultato. Ad esse corrispondono diverse fonti di attivazione di un progetto.
Le due modalità possono anche coesistere nella stessa azienda (ad esempio, l’erogazione di credito da regolamento può essere attuata contemporaneamente ad un accordo di secondo livello con PdR che prevede la conversione in welfare).
In particolare, il welfare puro può avere come fonti di attivazione:
- il CCNL applicato dall’azienda;
- il contratto collettivo di secondo livello (che prevede solo la messa a disposizione di credito welfare, senza possibilità di lasciar decidere al dipendente se optare per la commutazione della moneta in credito);
- il regolamento: l’atto unilaterale datoriale;
- la volontarietà (se ne sconsiglia tuttavia l’uso, dal momento che comporta una limitata deducibilità dal reddito d’impresa);
- l’accordo individuale plurimo.
Al contrario, il welfare da conversione PdR non contempla più fonti di attivazione. L’unica prevista consiste nel contratto di secondo livello, che deve essere depositato al ministero del lavoro telematicamente. In tal caso, il dipendente che ha maturato un premio di risultato monetario, con regime fiscale agevolato (imposta sostitutiva del 10%, per l’anno 2024 temporaneamente pari al 5%), può convertire lo stesso credito in welfare, come stabilito da una clausola del contratto di secondo livello.
Il welfare puro e il welfare da conversione PdR hanno regole diverse da un punto di vista tributario, dal punto di vista dell’ambito di applicazione, dei limiti e delle condizioni.
1) Welfare contrattuale (da CCNL di riferimento)
Cominciamo con la più “semplice” tra le fonti di attivazione: il welfare da CCNL.
Tramite il CCNL si mette a disposizione un credito welfare a una categoria ben definita (ad esempio, si considerino, nel CCNL Metalmeccanico Industria, i lavoratori titolari di contratto a tempo indeterminato o tempo determinato con anzianità superiore ai tre mesi), opzionabile dal diretto interessato in flexible benefits (art. 51 comma 2 TUIR) e anche in fringe benefits (art. 51 comma 3 TUIR). La messa a disposizione dei benefit previsti dal CCNL vincola il datore di lavoro, il quale è tenuto alla loro applicazione.
2) Welfare da regolamento (welfare puro da atto unilaterale datoriale)
Nel caso del welfare puro da regolamento, l’azienda mette a disposizione un credito welfare per la generalità o per intere categorie di dipendenti, opzionabile in flexible benefits (art. 51 comma 2 TUIR) e in fringe benefits (art. 51 comma 3 TUIR).
Il beneficio, rispetto ad altre fonti di attivazione del welfare, consiste nel fatto che il costo del datore coincide con il netto ricevuto dal dipendente, dal momento che su questi asset non si paga alcun contributo e il dipendente non subisce tassazione (IRPEF/addizionali regionali/addizionali comunali).
Nel nostro approfondimento dedicato, qui disponibile, potrai trovare tutti i dettagli sul Welfare Puro.
Approfondendo lato reddito d’impresa
È la forma più semplice di welfare puro e non richiede il coinvolgimento dei sindacati, dal momento che il datore procede con atto unilaterale.
Il regolamento, che è l’adempimento di un obbligo negoziale, permette la deducibilità dal reddito di impresa al 100% senza alcuna limitazione (non si applica il limite del 5 per mille del costo del personale).
Approfondendo lato reddito lavoratore dipendente
Ovviamente gli asset welfare citati messi a diposizione di generalità o categorie di dipendenti sono esenti fiscalmente e previdenzialmente sul reddito da lavoro.
3) Conversione del Premio di Risultato (welfare da conversione PdR: ambito detassazione)
Il Premio di Risultato si può detassare nel caso in cui sia previsto da un contratto collettivo di secondo livello (ad esempio, dal contratto collettivo aziendale) e nel caso in cui l’azienda abbia riscontrato un incremento di indicatore (o indicatori), sancito dalle parti sociali, rispetto a un periodo precedente.
Il contratto collettivo di secondo livello (aziendale e/o territoriale) può prevedere, con apposita clausola, che il dipendente che ha maturato un PdR (premio imponibile previdenziale e a imposta sostitutiva) lo possa volontariamente convertire in tutto o parte in welfare.
Nel caso di conversione del premio in welfare, questo non subirà tassazione (neppure con l’imposta sostitutiva del 5%/10%), né sarà soggetto a contribuzione (vantaggio sia per il dipendente che per il datore di lavoro).
Si ricorda che è possibile applicare la detassazione convertendo il PdR maturato in welfare:
- Solo se il dipendente del settore privato ha un reddito di lavoro dipendente nell’anno precedente fino a 80.000 euro;
- L’importo massimo detassabile e convertibile in welfare è di massimo 3.000 euro annui (anche relativo a più datori/più periodi di maturazione/più contratti collettivi di secondo livello).
Nel caso in cui il PdR venga percepito in moneta (soggetta ad imposta sostituiva del 5/10%) e non in credito welfare:
- il datore pagherebbe su di esso gli oneri sociali (mediamente pari a circa il 30%) per cui sopporterebbe un costo identico ad un premio individuale monetario;
- il dipendente subirebbe la trattenuta previdenziale (esempio: 9,19% o 9,49%) e la trattenuta fiscale del 5/10% (sostitutiva di IRPEF regionale e comunale).
4) Il welfare sottoforma di Fringe Benefits ad personam
La normativa consente al datore di assegnare determinati asset ad personam; in tal caso non è richiesta la loro messa a disposizione alla generalità o a categorie di dipendenti.
In questo modo, ad esempio, il datore di lavoro potrebbe versare a un singolo dipendente contributi alla previdenza complementare (deducibili nei limiti di 5164,57 euro), oppure consegnare un ammontare di buoni spesa, benzina o e-commerce esenti fiscalmente e previdenzialmente fino a 258,23 euro in ragione d’anno.
Si ricorda che, per il solo anno 2024, il tetto dei Fringe Benefits è stato innalzato a 1.000 euro (2.000 euro per chi ha figli fiscalmente a carico) e permette, in deroga alla normativa strutturale, di portare a rimborso le spese sostenute per:
- affitto prima casa;
- interessi passivi su mutuo contratto per acquisto prima casa;
- bollette di luce, acqua e gas riferite alla prima casa.
5) Il welfare premiale
Tra le diverse fonti di attivazione, il welfare premiale (tutti i dettagli qui) determina un credito welfare non direttamente collegato alle performance del dipendente, bensì al raggiungimento di risultati positivi dell’intera azienda.
La risoluzione 55/E del 2020 consente, nel caso di raggiungimento di un obiettivo aziendale (non individuale o gruppale), di mettere a disposizione un credito welfare alle diverse categorie tramite stesura di un regolamento.
Ad esempio, nel caso di conseguimento di un fatturato di 10.000.000 euro da parte della azienda, nell’anno 2025 verrà messo a disposizione un credito di welfare aziendale di 500 euro per gli operai e 600 euro per gli impiegati.
Quale tra le fonti di attivazione del welfare aziendale è più adatta alla tua realtà aziendale?
Tutte le fonti di attivazione del welfare presentano dei pro e dei contro, o meglio, caratteristiche che le rendono più efficaci, funzionali e convenienti in base al contesto in cui vengono applicate. I nostri consulenti e welfare specialist sono professionisti che si dedicano ad analisi specifiche per individuare modelli e soluzioni su misura, contribuendo non solo alla scelta del miglior percorso da intraprendere, ma anche alla valutazione step by step degli obiettivi raggiunti. Contattaci per maggiori informazioni.